C’è una storia che circola nei Box di CrossFit da anni. Un nuovo atleta, davanti alla lavagna con il WOD del giorno, guarda l’allenatore con espressione interrogativa, quasi a chiedere se fosse uno scherzo. La risposta del coach? Un sorriso e un semplice: “Non devi essere pronto per il CrossFit, è il CrossFit che ti prepara alla vita”. Quella frase racchiude l’essenza più profonda di questa disciplina che oggi sembra stia lentamente perdendo la sua anima originaria.
Il CrossFit non è nato come semplice programma di fitness. È nato come una filosofia, un approccio alla vita che trascende l’allenamento fisico. Al centro di questa filosofia c’è un concetto fondamentale: essere preparati all’imprevedibile. La vita non ti avvisa quando sta per metterti alla prova. Arriva e basta. E tu devi essere pronto.
L’imprevedibilità come virtù
Nei primi giorni del CrossFit, questa era una verità universalmente accettata dalla comunità. La whiteboard era sacra. Non esisteva l’opzione di saltare un esercizio perché “oggi non ho voglia di fare burpees”. Il programma del giorno era una sfida da affrontare nella sua interezza, proprio perché uscire dalla propria zona di comfort faceva parte integrante del processo di crescita, non solo fisica ma soprattutto mentale.
L’imprevedibilità del WOD quotidiano era una caratteristica celebrata, non temuta. Non sapere cosa ti aspettava fino al momento di entrare nella box era parte dell’esperienza formativa. Ti costringeva a sviluppare una mentalità adattiva, a superare la naturale resistenza umana verso ciò che è sconosciuto o difficile.
Un coach di vecchia scuola disse una volta: “Se sai esattamente cosa ti aspetta, come farai a preparati per l’ignoto?”. Questo approccio ha formato generazioni di crossfitter mentalmente resistenti, capaci di affrontare non solo workout devastanti, ma anche le sfide quotidiane con maggiore resilienza.
La trasformazione silenziosa del CrossFit moderno
Negli ultimi anni, qualcosa è cambiato. Una nuova generazione di trainer è emersa, formata in un contesto sociale e culturale profondamente diverso. Una società che ha fatto dell’inclusività e della tolleranza i suoi valori fondanti; principi nobili che hanno contribuito a creare comunità più aperte.
Ma c’è un rovescio della medaglia. Nella corsa a rendere il CrossFit più “accessibile”, qualcosa dell’essenza originaria si è perso. La durezza dell’allenamento, l’idea che il discomfort sia necessario per la crescita, la visione del box come luogo dove mettere alla prova i propri limiti; questi elementi stanno lentamente sbiadendo.
Molti nuovi Trainer e Owner sembrano più preoccupati di non “traumatizzare” i nuovi arrivati che di mantenere viva la filosofia fondante del CrossFit. Pensano che cosi’ “non si perdano clienti”. Il risultato? Allenamenti annacquati, possibilità di personalizzare il WOD per preferenze personali e un approccio che privilegia il comfort invece di sfidarlo. Questo atteggiamento non è né formativo né utile: non porta a risultati tangibili, non costruisce resilienza mentale e normalizza l’idea che la comfort zone sia lo standard a cui aspirare, quando è esattamente l’opposto della filosofia che ha reso il CrossFit rivoluzionario.
Quando scalare diventa evitare
Intendiamoci: il concetto di “scaling” è sempre stato parte integrante del CrossFit. Permette a persone di qualsiasi livello di allenarsi fianco a fianco, condividendo la stessa esperienza di fatica e soddisfazione.
Ma c’è una differenza sostanziale tra scalare un esercizio e evitarlo. Scalare significa adattare un movimento al proprio livello mantenendone l’integrità. Significa fare kipping pull-ups con l’elastico se non riesci ancora a farle senza assistenza, non eliminare completamente l’esercizio.
Quello che vediamo oggi in molte box è una tendenza a sostituire completamente gli esercizi più impegnativi. “Non ti piacciono i thrusters? Facciamo front squats e push press separati”. Questa mentalità sta creando comunità di CrossFit socialmente coese ma che non condividono più il collante fondamentale: l’esperienza comune dell’impegno estremo e del superamento dei propri limiti.
La comfort zone è l’antagonista della crescita
Ogni esperto di psicologia dello sport concorda: la crescita avviene oltre i confini della comfort zone. Non è una teoria, è un fatto biologico. Il nostro organismo si adatta solo quando sottoposto a stimoli che superano la sua capacità attuale.
Il CrossFit originale aveva incorporato questa saggezza nella sua struttura. L’imprevedibilità del WOD e l’intensità erano elementi progettati per spingere costantemente l’atleta oltre la sua zona di comfort, in quello spazio scomodo ma fertile dove avviene la vera evoluzione.
Quando permettiamo di evitare ciò che è difficile, stiamo negando all’atleta la possibilità di crescere. Peggio ancora, stiamo avallando l’idea che il discomfort sia qualcosa da evitare piuttosto che un indicatore di potenziale crescita.
La nuova generazione e il cambio di paradigma
Non possiamo ignorare il contesto più ampio. La generazione dei nuovi coach è cresciuta in un’epoca caratterizzata da un approccio diverso alla sfida. Una società che tende a privilegiare l’esperienza positiva immediata rispetto alla soddisfazione differita che deriva dal superamento di ostacoli significativi.
I social media hanno amplificato questa tendenza, creando una cultura dell’approvazione istantanea dove il successo viene misurato in like, piuttosto che in reali progressi personali.
Non si tratta di demonizzare i nuovi coach. Si tratta di riconoscere che un valore fondamentale del CrossFit; l’abbraccio consapevole della difficoltà come via di crescita; sta scivolando via, sostituito da un approccio più morbido che rischia di diluire l’efficacia trasformativa di questa disciplina.
L’equilibrio tra inclusività e integrità
La sfida è trovare un equilibrio tra rendere il CrossFit accessibile a tutti e preservarne l’integrità filosofica originaria.
L’inclusività non dovrebbe significare abbassare gli standard. Dovrebbe tradursi in strategie efficaci di scaling che permettano a tutti di sperimentare la vera essenza del CrossFit al proprio livello. Ogni atleta dovrebbe tornare a casa con la stessa sensazione: quella di aver superato un limite personale.
I coach devono creare un ambiente accogliente ma sufficientemente impegnativo da spingere ogni atleta oltre la propria zona di comfort. Devono saper distinguere tra la legittima necessità di scalare e la semplice resistenza psicologica verso ciò che è difficile.
Il valore della condivisione della fatica
Uno degli aspetti più trasformativi del CrossFit è sempre stata la condivisione dell’esperienza di fatica. C’è qualcosa di profondamente unificante nel trovarsi esausti sul pavimento del box dopo un workout brutale, insieme ai propri compagni.
Questo tipo di esperienza crea legami che vanno oltre la superficiale interazione sociale. Crea una fratellanza basata sul rispetto reciproco che nasce dal vedere l’altro spingersi oltre i propri limiti.
Quando permettiamo che questa esperienza si frammenti, con alcuni atleti che affrontano il workout completo mentre altri scelgono versioni drasticamente ridotte per comfort personale, stiamo minando le fondamenta di ciò che rende unica la comunità del CrossFit.
La direzione di CrossFit Bilitio: ritorno alle origini, ma con consapevolezza
A CrossFit Bilitio, abbiamo preso una decisione chiara: ritornare all’essenza originaria del CrossFit, ma farlo con la consapevolezza che deriva dall’esperienza. Non si tratta di un ritorno acritico alle origini né di un’accettazione passiva della diluizione in corso. Ciò che proponiamo è un “CrossFit consapevole”; un approccio che riafferma i valori fondanti di questa disciplina con una comprensione matura delle diverse esigenze degli atleti.
Un CrossFit che non sacrifichi l’intensità e la sfida sull’altare dell’accessibilità, ma che trovi modi intelligenti per rendere quella intensità accessibile a tutti. Un CrossFit che riconosca che la vera inclusività non sta nel rimuovere gli ostacoli, ma nel dare a tutti gli strumenti per superarli.
Il coraggio di essere scomodi
In un mondo che ci vende l’idea che la felicità consista nell’evitare ogni disagio, il CrossFit rimane un baluardo controcorrente. Ci ricorda che le esperienze più trasformative passano attraverso momenti di grande sforzo. Ci insegna che la vera resilienza si costruisce affrontando sistematicamente situazioni difficili in un ambiente controllato.
Il CrossFit, nella sua essenza, non è mai stato solo un programma di allenamento. È stato ed è un invito al coraggio – il coraggio di uscire dalle proprie zone di comfort, di abbracciare l’imprevedibile, di accettare la fatica come compagna di viaggio sulla strada della crescita personale.
In un’epoca che sembra valorizzare sempre più il comfort e sempre meno la sfida, forse abbiamo bisogno più che mai di questo invito al coraggio. Di ricordarci che “il CrossFit non ti prepara per il CrossFit, ti prepara per la vita”. E la vita, con tutte le sue meravigliose imprevedibilità, non sarà mai un workout scalato.