Come coach, ogni tanto mi fermo a riflettere sulle storie che attraversano il box. Quella di Luca? Be’, è una di quelle che mi fanno sorridere ogni volta che ci penso. Non tanto per i risultati, che sono oggettivamente impressionanti, ma per come ha stravolto anche il mio modo di vedere il CrossFit.
L’Arrivo del “Signor Scettico”
Me lo ricordo come fosse ieri: Luca, nome fittizio per motivi di privacy, che varca la soglia del box con quell’aria di chi sta pensando “Ma dove diavolo sono finito?”. Aveva quella tipica espressione di chi ha googlato “CrossFit” la sera prima ed è convinto di essere capitato in un covo di fanatici del fitness. Lo confesso: adoro questi momenti. Sono quelli in cui, dentro di me, so già che sta per iniziare qualcosa di speciale.
I primi passi: un disastro magnifico
Il suo primo squat? Un capolavoro di imperfezione. Mi sono morso la lingua per non ridere, non per prenderlo in giro, ma perché rivedevo in lui tutti noi agli inizi. C’è qualcosa di poetico nel vedere un adulto riscoprire movimenti che dovrebbero essere naturali ma che la vita sedentaria ci ha fatto dimenticare. Luca era il perfetto esempio di quello che chiamo “il paradosso del principiante”: troppo forte per alcuni movimenti, troppo debole per altri e coordinato come un pinguino su rotelle.
La svolta inaspettata
Il momento di svolta è arrivato durante un normalissimo martedì. Luca aveva appena finito un WOD particolarmente brutale (uno di quelli che io chiamo “incontri ravvicinati con il pavimento”) quando, ancora steso a terra, ha iniziato a ridere. Non il solito sorrisetto di circostanza, ma una risata vera, di quelle che vengono dal profondo. “Non pensavo di poter fare una cosa del genere”, mi ha detto. Ed è lì che ho capito: l’avevamo conquistato.
L’evoluzione del “Perché no?”
Da quel momento, Luca è diventato quello che in box chiamiamo “l’esempio perfetto”. Non perché faccia tutto giusto, anzi, sbaglia ancora praticamente tutto, ma perché ha sviluppato l’atteggiamento giusto. Ogni nuovo movimento, ogni nuovo WOD è diventato un “perché no?”. Double unders? Perché no? Muscle up? Ci proviamo. Hand stand push up? Un giorno, magari.
La metamorfosi quotidiana
Come coach, la parte più bella è stata vedere la trasformazione quotidiana. Non parlo solo dei chili persi o dei muscoli guadagnati. Parlo di quel cambiamento sottile nello sguardo, nella postura, nel modo di affrontare le sfide. Luca è passato dall’essere “quello nuovo” a essere uno dei pilastri della nostra comunità. È diventato quello che incoraggia gli altri, che resta dopo il WOD per dare consigli, che condivide la sua esperienza con i nuovi arrivati.
Oltre i numeri: La vera vittoria
Certo, potrei riempire pagine di numeri: i kg sollevati, i tempi migliorati, le ripetizioni aumentate. Ma la vera vittoria? È nel vedere Luca arrivare in box mezz’ora prima per lavorare sulla sua mobilità. È nel vederlo programmare la sua giornata intorno all’allenamento, non per ossessione, ma per passione. È nel modo in cui ora parla di salute e fitness con la sua famiglia.
Un coach che impara
La verità? Storie come quella di Luca mi ricordano perché ho scelto questo lavoro. Ogni volta che lo vedo completare un movimento che sei mesi fa sembrava impossibile, imparo qualcosa anch’io. Imparo sulla pazienza, sulla perseveranza, sulla potenza della determinazione unita al giusto supporto.
Il viaggio continua: una storia senza fine
Oggi, quando i nuovi membri entrano in box e vedono Luca allenarsi, non possono immaginare da dove è partito. Ma io sì, e questo rende tutto ancora più speciale. Perché so che questa non è la fine della storia, ma solo un capitolo di un libro che continua a essere scritto, WOD dopo WOD, conquista dopo conquista.
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